Gak - Newsletter #12 : (Dis) Orienta


Gak - Newsletter #12
(Dis) Orienta

09 Febbraio 2005


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Salve a tutti.

Il titolo un po' scherzoso vuole rappresentare la relativa "difficoltà" che tutti gli studenti hanno quando le prime volte cercano di orientarsi nel cielo districandosi tra azimut, altezze, ascensioni rette e declinazioni.
Nella scorsa lezione abbiamo introdotto i riferimenti locali indispensabili per orientarci sul sito di osservazione, nella prossima introdurremo i riferimenti equatoriali indispensabili per i puntamenti degli oggetti celesti.


L'orizzonte


Si definisce orizzonte astronomico l’intersezione tra la sfera celeste e il piano tangente al globo terrestre (piano orizzontale) nel punto in cui si trova l’osservatore. L’orizzonte astronomico non coincide generalmente con l’orizzonte sensibile, che è il confine del cielo che realmente riusciamo a vedere. Se l’osservatore si trova in un luogo sopraelevato rispetto alle zone circostanti, l’orizzonte sensibile è più basso dell’orizzonte astronomico e quindi si può vedere più di metà della volta celeste. Se il sito è parzialmente ostruito da ostacoli naturali e non (montagne, palazzi, alberi) l'orizzonte sensibile è costituito dal profilo dei suddetti ostacoli. Conoscere la linea dell'orizzonte sensibile nel proprio sito di osservazione è indispensabile per pianificare cosa vedere con il teelscopio, per evitare brutte sorprese e scoprire che all'ora prescelta lo splendido ammasso stellare è dietro un'alta montagna!

Un problema interessante in astronomia è la determinazione dell'orizzonte sensibile quando nessun ostacolo impedisce la visuale; immaginiamo di trovarci sopra una montagna guardando verso valle o su una nave in mezzo al mare; schematizzando il problema, ci troviamo ad un'altezza h sul livello del mare; assumendo che il raggio terrestre sia di 6370 km:
A che distanza lineare sulla superficie terrestre arriva l'orizzonte sensibile trovandoci ad H metri su livello del mare?


Una digressione sulla geometria euclidea


Visto che l'argomento del titolo, tirato in ballo per dimostrare che l'altezza sull'orizzonte della Stella Polare rappresenta la latitudine del luogo, ha suscitato l'interesse di qualcuno, facciamo una breve digressione.
Tutta la geometria Euclidea del piano si fonda su 5 assiomi derivati dall'esperienza che sono di carattere generale e comuni a tutta la matematica:
  1. La parte è minore del tutto.
  2. Due cose uguali ad una terza sono uguali fra loro.
  3. Aggiungendo a due cose uguali altre due cose uguali si ottengono cose uguali.
  4. Sottraendo da due cose uguali altre due cose uguali si ottengono cose uguali.
  5. Due cose che coincidono sono uguali.
A questi Euclide aggiunse altri 5 postulati, o assiomi speciali, meno evidenti ma indimostrabili, dei quali veniva chiesta l'accettazione... per fede!
  1. Da ogni punto del piano ad ogni altro punto è possibile condurre una linea retta.
  2. Un segmento di linea retta può essere indefinitamente prolungato in linea retta.
  3. Attorno ad un centro scelto a piacere con un raggio scelto a piacere è possibile tracciare una circonferenza.
  4. Tutti gli angoli retti sono uguali tra loro.
  5. Ogni volta che una retta, intersecando altre due rette, forma con esse angoli interni da una medesima parte (angoli coniugati interni) la cui somma è minore di due retti, allora queste due rette indefinitamente prolungate finiscono con l’incontrarsi da quella parte nella quale gli angoli anzidetti formano insieme meno di due retti.
Il V postulato è quello che allo stesso Euclide stava più "stretto"; nei suoi "Elementi" (300 a.C.) lo aggiunse quasi alla fine, come se ne avesse tentato invano la dimostrazione prima di cedere...
Per due millenni le 10 proposizioni qui indicate sono state alla base di tutta la geometria e ancora oggi tutti i teoremi che studiamo su triangoli, parallelogrammi e chi più ne ha più ne metta derivano da questi "famosi dieci"...

Numerosi matematici e filosofi nel corso dei secoli hanno provato una sensazione di "fastidio"  leggendo il V postulato, come se il loro pensiero andasse oltre l'intuizione di un mondo fisico basato sul piano...
Nel XIX secolo, sulla scia delle correnti di pensiero "moderne" che pervasero quegli anni, alcuni matematici disillusi dalle fatiche di trovarne una dimostrazione (Bolyai, Lobacevski, Gauss, Riemann) , provarono a contestare il "dogma"... e vennnero fuori le geometrie alternative... Ad esempio, Riemann propose una gemoetria il cui piano è in realtà una sfera accettando tutti i postulati di Euclide tranne il V; tra le conseguenze della negazione del V postulato ci sono alcune proprietà interessanti della superficie sferica: tra due punti simmetrici passano infinite rette parallele, la somma degli angoli di un triangolo è maggiore di un angolo piatto e non esistono rette parallele! Se pensiamo a meridiani e paralleli sulla superficie della Terra... intuiamo facilmente le proprietà della geometria di Riemann!


Il problema della longitudine


Abbiamo visto durante il nostro ultimoo incontro come l'altezza della stella Polare corrisponde alla latitudine del luogo di osservazione. Anche nel passato questo metodo era utilizzato dai marinai per determinare una delle coordinate che rappresentavano la posizione della nave; più difficile se non impossibile è stato fino a 3 secoli fa determinare la longitudine. Già alla fine del '600 per l'Inghilterra, potenza navale dell'epoca, trovare una soluzione al problema della longitudine era diventata una priorità essenziale; troppe navi erano naufragate perché finite fuori rotta. Nel 1714 la Corona Inglese instituì un premio di 20.000 sterline dell'epoca per chi avesse trovato una soluzione defintiva al suddetto problema. Ci riuscì l'orologiaio John Harrison in quello stesso secolo costruendo una serie di orologi capaci di segnare l'ora esatta con uno scarto di pochi secondi al giorno anche a bordo di una nave dove, come potete immaginare, gli orologi a pendolo non potevano funzionare! In pratica si regolava l'orologio alla partenza con il mezzogiorno del meridiano del porto che si trovava ad una longitudine nota, ad esempio quello di Londra e, una volta in mezzo al mare, si verificava che ora segnava l'orologio al mezzogiorno locale, ovvero quando il sole raggiungeva il meridiano locale, quindi la massima altezza. Calcolando lo scostamento orario si poteva ricavare la longitudine con la precisione sufficiente di qualche km. Oggi con la moderna rete di satelliti GPS e un ricevitore del costo di poche centinaia di Euro è possibile ricavare la posizione geografica con la precisione di pochi metri!

Immaginando di essere navigatori all'antica con un orologio molto preciso a disposizione regolato sull'ora di Greenwich, se al mezzogiorno locale l'orologio segna le ore 16 e la latitudine del luogo è di 30°N, in che area geografica ci troviamo?

La storia del "Problema della Longitudine" è raccontata in modo avvincente nel bel libro di Dava Sobel, "Longitudine", Rizzoli Editore. Gli orologi di Harrison sono esposti a Greenwich nel museo dell'omonimo osservatorio.


Dante e "l'altro polo"


All'epoca di Dante Alighieri la visione dell'universo era quella Tolemaica (II sec. d.C.), con la Terra al centro dell'universo e Sole, Luna e pianeti che ruotavano sui famosi "cerchi". La teoria dava una descrizione fenomenologica abbastanza precisa dei moti degli astri; anche oggi, in fondo, quando parliamo di stelle che sorgono e tramontano e di "volta celeste" ci stiamo mettendo in un sistema di riferimento geocentrico, quindi quasi tolemaico... Dante immagina l'inferno situato sotto Gerusalemme e il Purgatorio come una montagna agli antipodi. Per rafforzare questo concetto Dante introduce alcuni riferimenti locali astronomici dai quali deduciamo che con la sua immaginazione si era davvero spinto dove nessun uomo era mai giunto prima...
Nel Canto XXVI dell Inferno Ulisse racconta le ultime fasi del suo tragico viaggio su mari ignoti e nei versi 127-129 dice:

Tutte le stelle già de l'altro polo
vedea la notte e 'l nostro tanto basso
che non surgea fuor dal marino suolo.

Da questi versi si deduce che Ulisse si trova nell'emisfero australe dove il Polo Nord celeste è invisibile mentre possono essere osservate le stelle della volta celeste meridionale. Quali costellazioni vede Ulisse Dante non lo dice e difficilmente poteva saperlo...

Nel I Canto del Purgatorio questa volta è Dante che si trova nell'emisfero australe e anche qui ci dà una serie di riferimenti locali:

versi 19-21:

Lo bello pianeto che d'amar conforta
faceva tutto rider l'oriente,
velando i Pesci ch'erano di sua scorta

Il pianeta in questione è Venere; deduciamo anche che è l'alba dato che tale pianeta si vede ad oriente solo prima dell'alba ed è presso la costellazione dei Pesci. 

In che periodo la costellazione dei Pesci è visibile all'alba?

Dante prosegue (versi 22-27):

I' mi volsi a man destra, e puosi mente
a l'altro polo, e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch'a la prima gente.

Qui è chiaro il riferimento al Polo Sud celeste e, secondi qualche commentatore, oltre al significato allegorico (le quattro virtù cardinali) ha voluto vedere nelle "quattro stelle" un riferimento alla costellazione australe della Croce del Sud; tale attribuizione è dubbia perché già nel catalogo tolemaico del cielo tali stelle erano incluse nella costellazione del Centauro, appena visibili all'epoca da Alessandria d'Egitto a causa della precessione degli equinozi. E' più probabile che Dante abbia immaginato una costellazione circumpolare australe mai vista da alcun osservatore (nemmeno da Tolomeo, quindi) tranne da Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre. Paradossalmente i primi navigatori dei mari del sud, molti secoli dopo Dante, potrebbero essersi ispirati al I Canto del Purgatorio e aver visto in quelle quattro stelle ai piedi del Centauro le quattro stelle di Dante....

Un'interessante dissertazione sull'argomento e qualche link sul sito del Liceo Foscarini di Venezia:

http://www.liceofoscarini.it/didattic/astronomia/stelle/dante4stelle.html

Proseguendo con la lettura del I Canto, Dante ci dà ulteriori riferimenti per il nostro orientamento (versi 28-30):

Com'io da loro sguardo fui partito,
un poco me volgendo all'altro polo,
là onde il Carro era già sparito,

La costellazione del Gran Carro, ovvero l'Orsa Minore, non tramonta mai alle nostre latitudini, ovvvero è circumpolare: Dante sottoline ancora che ci troviamo agli antipodi del mondo conosciuto.


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http://gak.it

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Appuntamento per tutti venerdì 11 febbraio alle ore 18.30.


E.



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