Gli effetti dell’assenza di gravità e le velocità orbitali

Il sito di allunaggio di Apollo 17 fotografato dall’orbita Lunare nel 2012 dal Lunar Reconnaissace Orbiter

Oggi rispondiamo ad un utente che ci ha posto sulla nostra pagina di Facebook delle interessanti questioni sulle missioni Apollo e sugli effetti della gravità, o meglio della sua assenza, sul corpo umano:

Come hanno risolto i problemi relativi alla gravità nei viaggi verso la Luna nelle missioni Apollo ? Perchè senza di essa è scontato che l’essere umano non può sopravvivere, perchè ci sarebbero parecchi scompensi in tutto il corpo umano, il sangue non circolerebbe più bene, la respirazione sarebbe un po’ affaticata. E poi il fatto di andare dalla Terra alla Luna e ritorno, gli astronauti sarebbero stati soggetti ad una gravità non costante, in certi momenti anche zero. Come hanno affrontato questi problemi ?

Valeri Polyakov è stato in orbita ininterrottamente per ben 438 giorni nel 1994-5
Valeri Polyakov detentor del record di permanzenza ininterrotta nello spazio: ben 438 giorni

Attualmente sulla stazione spaziale interazionale si stanno proprio studiando di effetti dell’assenza di gravità sul corpo umano nel lungo periodo. Attualmente la durata massima sperimentata è di circa un paio di anni, riportando solo una parziale decalcificazione delle ossa (gli altri aspetti vengono recuperati nel tempo). Normalmente le attuali missioni verso la ISS durano 6 mesi, tuttavia alcuni astronauti hanno già effettuato più missioni non consecutive. Recentemente si stanno progettando delle missioni di lunga durata, di circa un anno, per verificare la risposta del corpo umano.
La permanenza initerrotta più lunga nello spazio fu di Valerij Vladimirovič Poljakov con 438 giorni nel 1994-5.

Altri problemi in microgravità oltre la decalcificazione ossea, sono l’alterazione della pressione, della gittata cardiaca e della distribuzione del sangue nel corpo, la perdita di tono muscolare, l’alterazione (momentanea) del senso d’equilibrio e del gusto, l’esposizione alle radiazioni (ma ne sono normalmente schermati) e altri problemi minori o conseguenze dei precedenti.
Le variazioni di gravità in se per se non sono un problema, purchè non troppo repentine, in fondo si tratta sempre di una accelerazione (vedi la “vomit comet“). Normalmente nello spazio il corpo umano si adatta nel giro di circa 3 giorni alle nuove condizioni (infatti gli astronauti soffrono di “mal di spazio solo nei primi giorni in orbita”).

Agli albori dell’era spaziale tuttavia tutte questi studi medici non erano mai stati effettuati e proprio per questi motivi inizialmente vennero scelti, sia dagli Usa che dalla Russia, piloti militari giovani e in buona forma fisica. Tuttoggi ci sono ancora rigorose selezioni e controlli per gli astronauti.

Le v2 tedesche arrivavano a ben 5200 Km/h
Partenza di un razzo V2 nel 1943

Dalla Terra alla Luna ci sono circa 380.000 Km più il ritorno sono 760.000 km e per percorrere questa distanza ci hanno messo una settimana circa. Avrebbero dovuto andare alla velocità circa di 4000 Km all’ ora ! Come minimo ! Ma nel ’69 si poteva già raggiungere quelle velocità? Grazie per il tempo dedicatomi.

Riguardo alle velocità non è un problema, considerando che sono in orbita bassa i satelliti (e anche la stazione spaziale) viaggiano a circa 7 chilometri al secondo, sono già 4200 Km/h. Il trucco è tutto nell’accelerazione: infatti i razzi vettori hanno una spaventosa potenza che accelera costantemente la capsula mentre guadagna quota. Una volta arrivati nello spazio però non essendoci atmosfera il corpo non viene più frenato e quindi accelera molto di più (o consuma molto di meno). Se per esempio acceleriamo di soli 10 metri al secondo già dopo un minuto saremo arrivati a ben 600m/s!
Purtroppo tali velocità sono state raggiunte ben prima, con le V2 tedesche: avevano infatti una velocità massima di ben 5200 k/h.

 Per approfondire (fonti e link utili):

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Informazioni sull'autore: Gian Luigi Somma

Gian Luigi è un ingegnere aerospaziale e astronautico con un PhD svolto nel campo dei detriti spaziali. Nella sua carriera ha lavorato in progetti con l'agenzia spaziale europea (ESA), l'agenzia spaziale tedesca (DLR) e con l'Università di Cambridge. Dal 2019 ricopre il ruolo di mission analyst presso Cambridge Space Technology. Nel 2003 si è unito al GAK del quale ne ha raccolto l'eredità, trasformandolo in un portale di astronomia e astronautica e promuovendo queste scienze tramite star party, corsi e conferenze.

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